Un rosario in tram

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Caro Ferdi,
ho saputo solo stamattina della tua disavventura. Marisa mi ha detto che ti hanno rilasciato quasi subito, ma certo non dev’essere stato gradevole vedersi paragonato al protagonista di “Un giorno di ordinaria follia” sulle cronache locali. Non voglio né giudicare né giustificare il tuo comportamento. So perfettamente come ci si sente ad affrontare quotidianamente l’odissea dei mezzi pubblici a Roma. Si diventa una pentola a pressione. Certo, potevi risparmiarti il morso al bicipite del rapper incontrato in metropolitana, o gli insulti alla signora che voleva denunciarti ai carabinieri perché avevi ignorato il suo sacrosanto diritto a occupare il tuo posto a sedere, faticosamente conquistato dopo 95 minuti di sballottamenti da un autobus all’altro. Non entro nel merito di quello che hai fatto, ma mi preme darti un consiglio per evitare che si ripeta.

Io ho un metodo infallibile per allontanare da me gli istinti omicidi che mi assalgono quando mi trovo schiacciata come una sardina in mezzo a una folla di ingrati, puzzolenti e menefreghisti sconosciuti che hanno deciso di prendere quello stesso tram, o treno, o autobus, o vagone della metro, nello stesso istante in cui io sono costretta a servirmene per andare o tornare da lavoro. La mia soluzione si chiama ROSARIO. Lo so, tu sei un ateo incallito e probabilmente l’ultima tua esperienza di preghiera risale alla prima elementare. Tranquillo, il mio è solo il suggerimento di un’amica che ti espone una via alternativa all’insulto verbale con rissa a seguire.

Non sai che pace ti pervade quando, consapevole di trovarti nel centro del ciclone, nel nucleo primigenio del caos, decidi di spazzare via qualsiasi pensiero e preoccupazione immanente per recitare pochi, semplici parole. Ave Maria, piena di grazia… Niente di complicato, niente di trascendentale… poche parole per estraniarti dall’inferno quotidiano e planare in un mondo che nello stesso tempo è solo tuo ma appartiene a tutti gli altri. Le silenziose Ave Maria che ripeto nella mente sono come agenti disinfettanti che mi ripuliscono il cervello. Lo svuotano dalle ansie, dalle recriminazioni, dalle invidie. Gli consentono di non essere prevaricato dal male, di non riversare la frustrazione sugli altri.

Cosa pensi d’ottenere, d’altra parte, imprecando contro il prossimo per il trattamento che stai ricevendo? Insultare il vicino di posto che ti pesta i piedi avrà qualche beneficio per le tue coronarie? Lamentarti del servizio offerto dalle Ferrovie dello Stato sortirà qualche effetto catartico? Sbuffare impaziente, alzare gli occhi al cielo o guardare sconsolato l’orologio accorcerà forse i minuti d’attesa? Ti aiuterà a respirare meglio? Ti consentirà di sottrarti alla calca? O alla puzza di sudore? O alle correnti ascensionali che ti tagliano in due quando passi da un vagone all’altro?

Concedimi il beneficio della prova. Domani mattina, quando sarai schiacciato in mezzo alla folla, prova a pensare, timidamente, piano piano, a queste parole: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra… Magari non avrai un sollievo immediato, ma almeno non avrai sprecato questi secondi a pensare male degli altri. Procedi, senza timore, recitando dieci Ave Maria. Ti sembrerà strano all’inizio ripetere le stesse parole più volte, ma è proprio nella ripetizione che troverai la pace, il senso profondo… e quello che vai pensando acquisterà via via un nuovo sapore, una nuova forma. Finché ti verrà così naturale che tutto il tuo volto, improvvisamente, senza che tu te ne renda conto, si accenderà di una luce che nessun altro avrà. E così quando una signora ti pesterà i piedi tu non la insulterai, perché in quel momento stai recitando le parole “piena di grazia”… e quando un’altra ti spingerà per passare prima di te tu la guarderai con misericordia, perché starai pensando alle parole “tu sei benedetta fra le donne”, e quando il più odioso e insopportabile dei passeggeri ti tossirà in faccia, tu starai dicendo dentro di te “prega per noi peccatori”.

Tacendo eviterai di fare del male con le parole. Pregando, eviterai di fare del male col pensiero. E giorno dopo giorno, quando recitare il tuo rosario quotidiano ti sembrerà naturale quanto bere da una sorgente d’acqua, scoprirai quanto sia facile ciò che ti sembrava impossibile: sentirti parte di questa umanità che quotidianamente detesti. Sentirti vicino a quelle persone che qualcuno ha deciso di mettere accanto a te mentre stai andando a lavorare, e poter pregare per loro, anche se non li vedrai mai più. Sapere che in quello stesso istante, a latitudini diverse, moltissime altre persone stanno recitando quelle stesse parole, che non sono tue, ma nostre. E sentirti, così, meno solo. E sentirti, così, meno triste.

Perché dovresti vergognarti a farlo? Solo perché non credi? Nessuno lo saprà mai, ammesso che tu te ne possa vergognare. Verrai meno ai tuoi principi? E quali principi vieterebbero l’uso di pensieri di pace e bellezza? E’ sempre meglio pensare “Salve regina madre di misericordia, vita, dolcezza, speranza nostra…” piuttosto che “Mo’ te sposti più in là o alla prossima fermata te corco di botte!”. Pensaci, e fammi sapere com’è andata. Sappi che ogni mattina, mentre sei bloccato nel traffico o sulla metro, io sto pregando il mio rosario. Pensando anche a te.

La tua amica Lilli,
12 dicembre 2008

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Una risposta a Un rosario in tram

  1. franca ha detto:

    Grande! Leggere questa lettera alle 9 del mattino ha fatto spuntare un raggio di sole in questo cielo grigio e stanco di questa città arruffata che sembra aver perso la sua vocazione. No, non l’ha persa.E’ solo sepolta sotto strati di stanchezza, preoccupazioni, noia, disorientamento e smarrimento. La lettera di stamattina ha spazzato via tutto questo.
    Grazie, grazie, grazie.
    Franca

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