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Carissimi parrocchiani,
come ben sapete non è mia abitudine scrivervi, ma ho sentito l’esigenza di farlo dopo i recenti avvenimenti. Ho accennato qualcosa durante l’omelia di tre domeniche fa, ma visto che il fattaccio si è ripetuto, ho pensato che una bella lettera potesse arrivare là dove le parole mancano il bersaglio.
Circa due mesi fa, poco dopo essere giunto nella nuova parrocchia, mi è capitato di assistere a un fatto singolare. Dopo lo scambio della pace ho visto due signore che, finito di stringere le mani ad altri fedeli, se le ripulivano con cospicue quantità di disinfettante. Lì per lì ho trattenuto un sorriso, attribuendo il gesto a un qualche tipo di fobia delle suddette o a un momento di distrazione. Ma la cosa si è ripetuta la domenica successiva. E nelle domeniche seguenti mi è stato riferito che altri fedeli hanno ripetuto il gesto. Il culmine si è toccato domenica scorsa, quando ho assistito personalmente al “rito” eseguito da una decina di persone diverse sparse in ogni angolo della chiesa.
Confesso la mia costernazione per quella che si sta rivelando come un’abitudine dei fedeli di questa parrocchia. Che sia psicosi per le malattie, paura dell’influenza stagionale o ipocondria ha poca importanza. Trovo curioso il fatto che dopo aver stretto la mano a un’altra persona in segno di pace e di reciproco rispetto, si corra a “lavare” quel segno disinfettandosi con energia. Non so voi, ma a me farebbe un brutto effetto. Pensate a quante volte stringete la mano a qualcuno durante il giorno. Come vi sentireste se le persone alle quali stringete le mani corressero a lavarsele due secondi dopo, senza avere nemmeno la buona creanza di aspettare che vi siate voltati? Io mi sentirei trattato come un appestato, non accolto da una persona che passa il seguente messaggio: “Ti stringo la mano solo perché sono costretto a farlo, ma me la lavo un istante dopo per cancellare il gesto ed evitare qualsiasi contaminazione con te.”
Il punto è che la pace tra gli uomini non può non passare da questa “contaminazione”. Io accetto te e ti stringo la mano anche se non ti conosco. Lo faccio in segno di fiducia, di rispetto e di fratellanza. E non mi curo di proteggermi da te sfregandomela con il disinfettante per paura di contrarre un raffreddore. Oggi ricorre il 770° anniversario della morte di San Francesco. Lui abbracciò un lebbroso. Così, tanto per dire.
Non tornerò più sull’argomento, e scusatemi se vi ho importunato con questa lettera. Ci tenevo solo a dirvi che vorrei non vedere più certe scene grottesche. Vi abbraccio, vi benedico e vi stringo virtualmente la mano in segno di pace. Ci vediamo domenica.
Il parroco
29 settembre 1996